L'Università che non c'è.

ottobre 28, 2008

News

kossiga«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».
Ossia? «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».
Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che…«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
Anche i docenti? «Soprattutto i docenti».
Presidente, il suo è un paradosso, no? «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che in- dottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!» (Francesco Cossiga, Presidente emerito della Repubblica, La Nazione del 23 ottobre 2008).

Leggo sempre con molto gusto le idiozie che di tanto in tanto spara Cossiga. Non nascondo di essere un fan dela sua deviazione mentale e un accanito lettore di sue interviste e libri. Ma la faccenda è troppo seria per dare ascolto al complottismo del picconatore e spero che le autorità preposte non diano seguito alle "direttive-Kossiga". O a quelle ben peggiori del Presidente del Consiglio. Non abbiamo bisogno di un’altra Genova, e piangiamo ancora troppe Giorgiana Masi per permetterci queste leggerezze.

Quello che sta succedendo nelle scuole e nelle Università è molto più della protesta che si ripete con cadenza annuale in autunno. L’enorme massa critica che si leva in difesa dell’Istruzione pubblica oggi include molteplici soggetti: studenti di tutte le età, genitori, professori e personale non docente. E’ l’intero mondo della scuola che si mobilita e, soprattutto, lo fa in modo autonomo e spontaneo, senza alcuna regia politica definita.

Mi limito a dire dell’Università. A destra come a sinistra si vuole incanalare la protesta, e non senza ragioni avvedute. Per opportunismo politico, certo; ma anche come ulteriore testimonianza che la scure dei tagli sia avvertita come ingiusta in ampi settori della maggioranza, oltre che dell’opposizione. Sia chiaro: il sistema formativo italiano va riformato, e radicalmente. Ma ridurre i finanziamenti non può essere una soluzione, né lo è il licenziamento di 83.000 addetti ai lavori. E’ vero, alcuni atenei vanno chiusi, perchè la proliferazione a cui si è assistito in questi anni ha dequalificato l’università pubblica. Molti corsi di laurea vanno azzerati, i concorsi riformati e liberati dalle baronie, i fondi pubblici per la ricerca allocati con maggiore razionalità e meritocrazia. Ma tutto ciò va fatto aumentando le voci di spesa che lo Stato destina all’Università, e non il contrario. Noi giovani saremmo i primi a giovare di una vera riforma, che permetta all’Università di darci un titolo competitivo a livello internazionale, e non la carta straccia che elargiscono il 98% degli atenei nostrani. Migliorare l’Università significa assumere ricercatori precari, aumentare il numero degli ordinari sotto i 35 anni (oggi sono solo 8), ma attraverso un nuovo sistema di selezione. Un sistema realmente meritocratico, che combatta il nepotismo ed eviti la promozione per anzianità e/o per cosca dipartimentale d’appartenenza. Una migliore classe docente dovrebbe essere pagata di più e rendere l’università più selettiva, perchè regalare voti e titoli come si fa adesso serve solo a chi un futuro ce l’ha già assicurato dalla famiglia. Un’università seria, rigorosa, dovrebbe poter innalzare le tasse per gli studenti più abbienti e aumentare massicciamente il numero e la consistenza delle borse di studio per chi proviene da famiglie a reddito più basso. Perchè aumentando le tasse, e parecchio, a chi può pagare, si avrebbe l’opportunità di migliorare l’offerta formativa e la mobilità degli studenti, incrementando la concorrenza tra gli atenei e la possibilità per i migliori di emergere. Il sistema formativo italiano ha fallito nel suo obiettivo primario: la mobilità sociale. Detto banalmente: il figlio dell’operaio ha ancora pochissime possibilità di fare il notaio, perchè, se andrà bene, potrà al massimo studiare nella facoltà più vicina, senza poter poi giovare di quell’autostrada nel mondo del lavoro che sono i contatti familiari. Le statistiche dicono che, se quell’Università si trova al Sud, la situazione si complica e il percorso di emancipazione sociale diviene quasi impossibile. Potrà forse laurearsi, ma con ottime possibilità di finire in un call center, con buona pace dei diritti costituzionali.

Ecco, una riforma dell’Università bisognerebbe farla davvero e senza cadere in falsi ideologismi, né di destra né di sinistra. Ma una riforma non si fa a costo zero: ha bisogno di grossi finanziamenti, che non possono essere generati semplicemente dalla trasformazione degli atenei in fondazioni private. Ridurre gli sprechi, eliminare gli incapaci, aumentare il sostegno ai meritevoli ed ai meno abbienti, sono richieste che vengono soprattutto dai "facinorosi" che stanno in piazza. Dubito che questo governo voglia davvero migliorare il sistema universitario italiano. Come in altri settori, la maggioranza berlusconiana amministra per televendite con il solo interesse di rafforzare il gradimento nei sondaggi. Soltanto così si spiegano le pagliacciate sui grembiulini e sul voto in condotta, le iniziative razziste sulle classi separate per i bambini stranieri. A questo governo interessa un elettorato ignorante, che accetti e preservi la divisione castale della società italiana. Un elettorato che affolli le facoltà truffa, sul modello di Giurisprudenza a Nola, dove si azzera pensiero critico, si insegna ineficienza eretta a sistema e amore per lo status quo.

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18 Responses to “L'Università che non c'è.”

  1. mezzalasinistra Says:

    Per la serie: Kossiga e la demenza senile.

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  2. sorax Says:

    Prolisso e rompicoglioni, vi incollo una serie di mie considerazioni di un paio di giorni fa:

    Da un paio di giorni abbiamo anche un’etichetta giornalistica. Dopo la “Pantera” e i “New global” (quest’ultimo termine coniato da e per i diessini nel 2003), adesso c’è l'”Onda”. La capacità del movimento contro la legge 133 di espandersi a macchia d’olio, fino a diventare davvero qualcosa di grosso, di portata nazionale, in poche settimane e senza altri strumenti che il passaparola e internet fanno pensare davvero ad un’inondazione. La partecipazione e l’entusiasmo di questi giorni sono una cosa davvero nuova, almeno per quelli come me, nati politicamente nel 2001 e che hanno vissuto tutto il riflusso e i momenti di tristezza. Ma adesso ci culliamo sulla forza d’urto dell’onda e ce ne lasciamo trasportare senza capire bene dove va. Ma siamo contenti. Contenti perchè non ce l’aspettavamo, perchè i cervelli sembravano così assopiti dalle guerre agli immigrati e al disordine, dalla crociata contro il popolo dei no, dai reality show, da un paese in cui finanche un macellaio come Priebke può andare a fare la giuria a miss italia. Ed è strano che la signora di Cogne non sia ancora sbarcata all’isola dei famosi o che Amanda Knox non stia facendo la velina mentre il suo ragazzo fa il tronista. Come sperare in un cambiamento da queste basi? Come poter pensare che una società in cui il disimpegno e l'”apoliticità” (parola sentita e risentita anche in questi giorni) sono il primo comandamento?

    E invece questa generazione che tutti noi malediciamo ogni giorno sta dimostrando di potersi tirare su. Certo piano piano, non è che tutta la merda che c’è scompare da un momento all’altro. Anzi resta attaccata ai cervelli e impedisce a questo movimento di lasciare a terra le zavorre dei politicanti da un lato e del qualunquismo da italiano medio dall’altro. E quindi rischia di affogarsi da solo, tra i capetti che cercano fare i propri interessi giocando a risiko con le persone e la mobilitazione, e gli studenti che non riescono a pensare che per pochi secondi e non riescono ad agire se non nel recinto che i mass media gli hanno costruito. In un primo momento vedere la copertura della mobilitazione di un grande giornale come Repubblica, che dedica spazio, che commenta favorevolmente questi giorni fa piacere e inorgoglisce un po’; sembra quasi che finalmente si sia aperto uno spazio per chi si ribella in questo paese. Ma è davvero così? Non è forse che la protesta “apolitica”, che non dia mai fastidio, che rimanga circoscritta ad azioni simpatiche ma solo simboliche, non sia proprio ciò che vuole il potere? Questa mobilitazione è nata all’insegna della moderazione: mai azioni che non siano simboliche, mai allargare il discorso dalla lotta ad una legge ad una lotta ad un sistema. Finora sono rimasti inascoltati i tentativi di chi hanno cercato di legare la 133 al progetto più generale, non solo italiano ma europeo e internazionale, di lasciare al mercato e al profitto ogni aspetto della vita umana (sanità, scuola, pensioni…), di legare questa legge alla precarietà dilagante, e al crescente autoritarismo e razzismo in questo paese. Gli studenti fighettini abituati ai salotti di Maria de Filippi quanto gli alternativi abituati ad ascoltare cantautori disimpegnati dai testi complicati e incomprensibili (es: Battiato); il giovane medio che guarda Vacanze di natale come chi si crede intellettuale vedendo film noiosi e introspettivi, tutti loro hanno per decenni abbandonato la politica e adesso ne hanno paura. Hanno paura di leggere quello che guardando ciò che succede da un’inquadratura un po’ più larga è chiarissimo (almeno per me): che l’attacco al sistema dell’istruzione e dell’università è un tassello importante ma non unico di una cosa che si chiama (parola indicibile) Capitalismo, che è sfruttamento di chi governa e di chi possiede di più sulla maggioranza della popolazione. Non per ideologismo stupido, ma perchè la nostra realtà è fortemente interconnessa e la progressiva svendita del pubblico fa parte di un disegno (leggi gli accordi internazionali GATS e GATT, sono di quasi dieci anni fa e c’era già tutto scritto). In più è fondamentale che questo movimento non si configuri come il solito movimento antiberlusconiano mentre gli altri sono bravi. La politica di erosione di diritti è totalmente in continuità con quanto fatto da tutti gli altri governi, compresi quelli in cui rifondazione comunista sedeva al governo. Non è il governo berlusconi il male da estirpare ma è l’intero modo di fare politica che va riscritto attraverso l’autogestione e le lotte. Tutto questo si renderà più chiaro quando la legge 133 verrà approvata (perchè verrà approvata di sicuro) e il movimento studentesco, se non avrà allargato il proprio campo d’azione e non avrà capito come, contro chi e per cosa lottare, morirà improvvisamente come è nato.

    Oggi, che c’è tanto entusiasmo e che la nostra generazione comincia a rialzare la testa, più che mai c’è bisogno di idee, di agire consapevoli che il nemico non è una legge mentre tutto il resto ci sta bene. Il nemico è un sistema che va ribaltato, il sistema del capitale e della politica politicante. Se non capiamo tutto questo lottare è come masturbarsi, piacevole per un po’, ma fondamentalmente inutile. Oppure ci sveglieremo e quest’onda nello stagno diventerà uno tzunami che travolgerà tutto, e sarà l’inizio di una nuova stagione.

    Come conclude il famoso poeta: IO, SPERIAMO CHE ME LA CAVO

    Sasà

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  3. anonimo Says:

    11:15 – COSSIGA: FUI APPLAUDITO DA PCI PER STUDENTI PICCHIATI

    “Quelli erano i tempi di Berlinguer, non di Veltroni; i tempi di Natta, non di Franco Marini. Quelli erano i tempi del glorioso Partito comunista. Quando Luciano Lama fu cacciato dall’universita’, il gruppo del Pci si alzo’ in piedi ad applaudirlo ed io venni applaudito perche’ avevo fatto picchiare a sangue gli studenti che avevano contestato Lama”. Lo ha detto in aula a Palazzo Madama il senatore a vita Francesco Cossiga nella sua dichiarazione di voto sul decreto Gelmini.

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  4. anonimo Says:

    adnkronos sopra

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  5. TylerDurdan Says:

    Ieri notte,all’Università di Bologna,ho assistito ad un’assemblea pubblica,cui erano presenti 2 membri del collettivo Wu Ming.

    Si parlava di “ribaltamenti semantici”,”battaglie di senso” e altri paroloni del genere.

    Wu Ming 4 ha raccontato una storia,mi fa piacere provare a sintetizzarla qui..

    La storia è ambientata nell’Inghilterra centro-orientale,intorno all’anno Mille.

    Su un’isoletta,all’estuario di un fiume,si trovava l’esercito invasore vikingo,mentre sulla terraferma si trovava l’esercito anglosassone. I vikinghi erano molto più numerosi degli inglesi (quasi il triplo) ma per entrare nella città sarebbero dovuti passare per uno piccolissima strettoia,dentro la quale avrebbero probabilmente fatto la fine dei persiani alle termopili.

    Il capo dei Vikinghi sapeva che il vecchio capo degli Inglese era un tipo molto colto, e orgoglioso. Giocando su queste due informazioni in suo possesso, decide di mandare un messaggero al re degli inglesi chiedendogli dell’oro in cambio della loro immediata partenza.

    Il capo inglese,colpito nell’orgoglio,ovviamente rifiuta di cedere dell’oro senza combattere, e li invita ad avanzare,se ne hanno il coraggio.

    Ma subito il messaggero avanza una nuova proposta:visto che entrambi sanno che i vikinghi saranno sconfitti appena entreranno nello stretto,gli inglesi dovranno,cavallerescamente, far passare dallo stretto i vikinghi e sfidarli in campo aperto.

    Il re dei vikinghi sapeva che il capo degli inglesi aveva letto Beowulf,un’antico poema epico anglosassone,tutto incentrato sul coraggio e l’orgoglio dell’eroe..aveva scommesso sulla letteratura.

    Il capo degli inglesi accetta,e in questo momento si creano due fazioni all’interno della sua truppa.

    Quelli che gli sono rimasti fedeli saranno trucidati dai vikinghi durante la battaglia,altri si sono dati alla macchia.

    Qui termina il poema,manca l’ultima pagina.

    Quello che wu ming 2 ha immaginato,e che piacerebbe tanto anche a me, per la fine del poema è questo:

    coloro che si erano dati alla macchia hanno indossato le loro belle giubbe verdi,mimetiche e hanno cominciato la loro personalissima resistenza ai fottuti vikinghi.

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  6. anonimo Says:

    L’atteggiamento incosciente del governo sta portando gli animi all’esasperazione. La portata traversale della protesta è sotto gli occhi di tutti e mentre migliaia di persone(studenti, professori,genitori e addirittura rettori) scendono in piazza, l’esecutivo continua a dirci che si tratta solo di una minoranza di individui aizzati e strumentalizzati dalla sinistra(viste le ultime dichiarazioni a riguardo ho scoperto con piacere che anche il presidente di confindustria Emma Mercegaglia è profondamente comunista: “Ma quale riforma,qui si parla solo di otto miliardi di tagli al settore dell’istruzione”). Berluscuoni chiede dialogo e poi minaccia l’intervento delle forze dell’ordine; apre un tavolo di concertazione con gli studenti e poi dichiara che in ogni caso il decreto seguirà il suo corso; prende in giro la società civile promuovendo una riforma a suo dire innovativa e in realtà lascia in mutande il sistema della scuola pubblica, gia ampiamente rivestito di stracci. L’unica mia vera paura è che questa visione miope possa portare a cattive conseguenze…del resto se dai palazzi del potere arrivano questi esempi, cosa potrebbe accadere tra la società civile?

    victor

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  7. agostinocasillo Says:

    da http://www.repubblica.it di Curzio Maltese

    AVEVA l’aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c’era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. “Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane” sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un’onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

    Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

    Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano “Duce, duce”. “La scuola è bonificata”. Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent’anni, ma quello che ha l’aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un’altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell’università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. “Basta, basta, andiamo dalla polizia!” dicono le professoresse.

    Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. “Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!” protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: “E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!”. Il funzionario urla: “Impara l’educazione, bambina!”. La professoressa incalza: “Fate il vostro mestiere, fermate i violenti”. Risposta del funzionario: “Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra”. C’è un’insurrezione del drappello: “Di sinistra? Con le svastiche?”. La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: “Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un’azione di violenza da parte dei miei studenti. C’è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c’entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire”.

    Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: “Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra”. Monica, studentessa di Roma Tre: “Ma l’hanno appena sentito tutti! Chi crede d’essere, Berlusconi?”. “Lo vede come rispondono?” mi dice Laura, di Economia. “Vogliono fare passare l’equazione studenti uguali facinorosi di sinistra”. La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: “Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov’è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l’avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto”.

    Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. “È contento, eh?” gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: “Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno (…) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all’ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì”.

    È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un’azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. “Lei dove va?”. Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: “Non li abbiamo notati”.

    Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: “Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!”. L’altro risponde: “Allora si va in piazza a proteggere i nostri?”. “Sì, ma non subito”. Passa il vice questore: “Poche chiacchiere, giù le visiere!”. Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

    Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s’affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l’assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s’avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell’Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

    A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all’occupazione, s’aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. “Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l’idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo”.

    (30 ottobre 2008)

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  8. anonimo Says:

    Purtroppo mi sbagliavo: le autorità di polizia danno ascolto a Cossiga!

    Prepariamoci al peggio. Ma spero che “l’Onda” riesca a non farsi provocare ed a procedere con la propria voce.

    Agitprop

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  9. mezzalasinistra Says:

    A proposito della lezione dei Wu-Ming a Bologna dal “Manifesto” di oggi:

    Wu Ming 2 fa esplodere l’applauso della sala quando spiega ai ragazzi dell’onda che “l’unica alternativa per non subire una storia è quella di raccontarne altre mille”. …… Wu Ming 3 invece raccontando la battaglia di Maldon tra antichi inglesi e vichinghi mette in guardia dagli eroi “che per orgoglio portano alla rovina”. Da che parte sarebbe stato lo scrittore? “Da quella di quei guerrieri che alla coerenza dell’eroismo apllicarono la rigida critica delle gambe levate e decisero di darsi alla macchia e cominciare la guerriglia, la resistenza”.

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  10. agitprop Says:

    Non vorrei sbagliarmi, ma il tizio con la maglia blu è del Blocco, perchè l’ho visto anche in altre occasioni. Il perchè sia lì a dialogare con la polizia mentre persino il responsabile nazionale del Blocco Studentesco è a terra con gli altri, è tutto da verificare. Di sicure c’è che la polizia ha lasciato entrare un camion in piazza Navona dopo che scontri vi erano già stati. Su quel camion cerano decine di bastoni da piccone con il tricolore, difficile che servissero per suonare tamburi.

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  11. anonimo Says:

    Il video non è più visibile su YouTube.

    Polizia postale?

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  12. anonimo Says:

    Ieri sera ad anno zero hanno proposto un video in cui un polizziotto chiama per nome uno dei “personaggi”che spiccavano nelle prime file del blocco stundentesco durante gli scontri di piazza navona. Il fatto curioso e che il personaggio un tal Francesco gli risponde al polizziotto con una certa “confidenza” dicendo che quelli a terra erano i suoi ragazzi e che dovevano essere lasciati stare.

    hurricane085

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  13. anonimo Says:

    per la serie non c’è mai limite all’idiozia umana

    09:50 Il governo: “Scontri provocati dalla sinistra”

    “Gli scontri più duri di Piazza Navona dell’altro ieri sono stati avviati da un gruppo di circa 400-500 giovani dei collettivi universitari e della sinistra antagonista che è venuto a contatto con gli esponenti di Blocco Studentesco (giovani di destra). Lo ha detto il sottosegretario all’Interno, Francesco Nitto Palma

    hurricane085

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  14. anonimo Says:

    polizziotto primo nemico!

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  15. anonimo Says:

    Il Francesco che hai visto nel video è il Responsabile Nazionale del Blocco.

    AGTPRP

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  16. anonimo Says:

    si lo avevo capìto e proprio per questo mi girano le palle

    hurricane085

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  17. albertocatapano Says:

    Ragioniamo sul metodo e sul merito

    Per quanto mi riguarda, la conversione del decreto Gelmini in legge rappresenta un primo vero passo verso la dittatura.

    La manifestazione del 25 Ottobre del Pd in cui parteciparono più di un milione e mezzo di persone, le occupazioni di università e tutte le manifestazioni spontanee in tutto in Paese, non sono state prese in considerazione..Nessun emendamento, nessuna modifica, addirittura è stata posta la fiducia su una “riforma” che di riforma non ha proprio nulla.

    Giovedì eravamo a Roma, simbolicamente, a manifestare contro questo governo..Migliaia e migliaia di ragazzi, ragazze, docenti, mamme, bambini, anziani, pensionati, c’era tutta la società civile rappresentata…E’ stata proprio una bella manifestazione : pacifica, sana, corretta….

    La cosa più preoccupante è questa assuefazione, questo intorpidimento dell’opinione pubblica nei confronti di tale manifestazione…Giornali, tv, radio, cercano in tutti i modi di screditarla e puntano il dito contro i soliti ragazzini fannulloni che vogliono anticipare le feste natalizie…CAZZO MA NON VI ACCORGETE CHE NON E’ COSI’ ?? è possibile mai che non ragioniate con la vostra testa e siate così ciechi ??

    8 miliardi di tagli che non vengono reinvestiti nella scuola ma andranno a coprire buchi e fosse di bilancio…I soldi della scuola vanno reinvestiti nella stessa scuola : infrastrutture, progetti formativi, retribuzioni….

    Hanno usato la loro forza parlamentare per decidere univocamente sulla scuola, faranno così anche sulle pensioni, sulla finanziaria, sui reati finanziari, sui reati contro la pubblica amministrazione, sulla sanità…

    Preparatevi perchè questo è solo l’inizio…

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