Gassosa Vive (la lucha sigue)

gennaio 20, 2008

News

Un nuovo eroe si aggira per le vie del paese. Il rivoluzionario Gas, vicesindaco barricadero, detto anche "mister 700 preferenze". L’uomo di punta di Forza Italia, il braccio destro di Tonino, ha ricevuto una intimidazione qualche giorno fa all’interno di un bar del centro. Degli sconosciuti, dopo un breve diverbio,lo hanno schiaffeggiato ed insultato in pubblico. Ecco la sua versione dei fatti, che ha riferito anche ai Carabinieri di Castel di Cisterna: "Sono stato aggredito in maniera barbara come se avessi con queste persone un conto in sospeso, ma io non le avevo mai viste prima". E ancora: "Le minacce dell’aggressore erano rivolte anche al resto dell’amministrazione".

Quindi ricapitoliamo. Degli sconosciuti, in un paese di 20 mila abitanti, in un posto come San Giuseppe Vesuviano, minacciano il vicesindaco e lo aggrediscono in pieno centro. Inoltre rivolgono minacce a tutta l’amministrazione comunale, colpevole non si sa di cosa (su questo punto il Gas è stato poco chiaro).

La domanda nasce spontanea (come Lubrano):  Di che tipo di minaccia si tratta? E soprattutto i tuoi compagni di partito (compagno si, compagno no, compagno un cazzo!) come mai non hanno espresso per un fatto così grave la loro solidarietà attraverso un manifesto (visto che sono così bravi e veloci a scriverli), attraverso un giornale, attraverso un volantino? Illuminaci, oh Gas, in queste ore drammatiche abbiamo bisogno della tua verità.

PS Per leggere l’articolo in pdf da "cronache di napoli" del 17/01/08 clicca QUI

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8 Responses to “Gassosa Vive (la lucha sigue)”

  1. Fabiola82 Says:

    di Salvatore Salvato

    La standing ovation della cosca politica che ha salutato la condanna del governatore siciliano Totò Cuffaro a 5 anni per favoreggiamento di alcuni mafiosi e la sua decisione di restare al suo posto sono perfettamente coerenti con la “ola” parlamentare che, mercoledì mattina, ha accompagnato l’attacco selvaggio del cosiddetto ministro della Giustizia Clemente Mastella alla magistratura che aveva appena arrestato sua moglie e altri 22 suoi compari di partito. Così come con il tifo da stadio che ha osannato la sua signora interrogata ieri in Tribunale. Ma anche con il silenzio tombale che, nella politica e nella magistratura, è seguito alla vergognosa, ributtante decisione all’unanimità della sezione disciplinare del Csm: Luigi De Magistris condannato alla gravissima sanzione della censura e alla pena accessoria del trasferimento lontano da Catanzaro, con l’impossibilità di esercitare ancora le funzioni di pm. Insomma: Cuffaro resta, Mastella è atteso dal governo come il figliol prodigo dal padre buono che prepara il vitello grasso, la first lady ceppalonica dirige il consiglio regionale dagli arresti domiciliari, mentre l’unico che se ne deve andare è De Magistris.

    In attesa delle motivazioni della sentenza del Csm, va notato che il procuratore generale che ha sostenuto l’accusa contro De Magistris è Vito D’Ambrosio, ex presidente Ds della Regione Marche, mentre il presidente della sezione disciplinare è l’ex democristiano ed ex margherito Nicola Mancino. Due politici del centrosinistra che giudicano un magistrato che indagava su politici del centrosinistra. E meno male che il Csm è l’organo di “autogoverno” (poi ci sono i membri togati, cioè i magistrati, che han votato unanimi a braccetto con i politici per cacciare il loro giovane collega: speriamo che un giorno si vergognino di quello che hanno fatto).

    Anche per Totò Vasa Vasa bisogna attendere le motivazioni della sentenza per sapere come mai il Tribunale non gli abbia applicato l’aggravante della volontà di favorire Cosa Nostra. Ma non si può certo dire che sia stata una sorpresa. C’era chi l’aveva prevista fin dal 2004 e aveva fatto di tutto per scongiurarla: i pm “dissidenti” dalla linea dell’allora procuratore Piero Grasso e del suo fedelissimo aggiunto Giuseppe Pignatone. E cioè Roberto Scarpinato, Antonio Ingroia, Guido Lo Forte e altri, tutti schierati con il pm che aveva avviato le indagini su Cuffaro: Gaetano Paci, il quale nel 2004 fu protagonista di un duro braccio di ferro con i colleghi che indagavano con lui ma che, in ossequio alla linea Grasso, non ne volevano sapere di contestare a Cuffaro il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, peraltro affibbiato a tutti i suoi coimputati, quasi tutti arrestati proprio per quel delitto. Paci ne faceva anzitutto una questione di equità: come si può accusare Cuffaro di essere il capo della banda delle talpe che informavano i mafiosi e poi contestargli soltanto due episodi di favoreggiamento, accusando tutti gli altri (e arrestandone un buon numero) per concorso esterno? La legge è uguale per tutti o i politici sono più uguali degli altri? C’era poi una questione tecnica: avendo dichiarazioni di mafiosi pentiti, ampiamente riscontrate, sul fatto che fin dal 1991 Cuffaro si era messo nelle mani di Cosa Nostra, andando a chiedere al mafioso Angelo Siino i voti per la sua prima elezione all’Assemblea Regionale, era molto più facile dimostrare che il governatore è da oltre 15 anni un fiancheggiatore esterno della mafia. Per il favoreggiamento mafioso, invece, occorre provare che, quando avvertì – tramite i suoi uomini – il boss Giuseppe Guttadauro che aveva la casa piena di microspie, Cuffaro voleva favorire l’intera Cosa Nostra. Una prova difficilissima, anche perché è più logico pensare che Cuffaro intendesse favorire anzitutto se stesso: se Guttadauro avesse continuato a parlare (ascoltato dagli inquirenti), avrebbe messo nei guai alcuni fedelissimi del governatore che frequentavano abitualmente il boss. Paci pagò a carissimo prezzo l’aver tenuto la schiena dritta: il suo capo, cioè Piero Grasso, lo estromise brutalmente dalle indagini che lui stesso aveva avviato. Due anni dopo anche il pm Di Matteo sostenne la necessità di contestare a Cuffaro il concorso esterno, ma anche lui finì in minoranza e dovette lasciare il processo. I pm superstiti, cioè Pignatone, De Lucia e Prestipino, seguitarono caparbiamente a tener duro sulla linea morbida (intanto, per fortuna, il nuovo procuratore Francesco Messineo e l’aggiunto Alfredo Morvillo, cognato di Falcone, aprivano un nuovo fascicolo sul governatore, per concorso esterno). E venerdì sono andati a sbattere contro il Tribunale, che li ha duramente sconfessati (anche se nessuno lo scrive).

    Ora il procuratore Grasso fa come la volpe con l’uva: siccome non è riuscito ad afferrarla, dice che era acerba. Sul Corriere, afferma che la prova necessaria per condannare Cuffaro per favoreggiamento mafioso era “una prova diabolica, complicata da trovare”. Bella scoperta: Paci, Di Matteo, Scarpinato, Lo Forte, Ingroia e altri colleghi da lui emarginati gliel’avevano detto per anni. Grasso ribatte che, col concorso esterno, sarebbe andata anche peggio. Ma manca la controprova. Anzi, ci sono fior di sentenze dei giudici di Palermo che condannano personaggi ben più potenti di Cuffaro (da Andreotti a Contrada, da Mannino a Dell’Utri) per concorso esterno. Non per favoreggiamento mafioso. La verità è che la contestazione del favoreggiamento mafioso, ora derubricato a favoreggiamento non mafioso, ha di fatto salvato Cuffaro da un processo che poteva segnare la fine della sua carriera politica. Senza l’aggravante mafiosa, il governatore beneficia dell’indulto e i 5 anni di pena diventano 2. Niente carcere, dunque, in caso di condanna definitiva. C’è l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ma non scatterà mai perché il reato cadrà in prescrizione – grazie alla legge ex Cirielli – tra un paio d’anni, probabilmente prima che si chiuda il processo d’appello. Così, paradossalmente, Totò pur condannato ha vinto la sua partita, mentre la vecchia Procura l’ha rovinosamente persa. Perché non ha voluto giocarla.

    PS. mi verrebbe d cantare….

    Italia sì, Italia no…Italia “gNammE!” …se famo du spaghi….

    (elio e le storie tese)

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  2. anonimo Says:

    Complimenti MezzaAlasinistra per questo post, “fatto di domande senza risposta…….!!!

    Brassen

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  3. anonimo Says:

    Se il papa cerca lo scontro.

    “Mi ha fatto molto senso vedere, proprio alla vigilia del mancato intervento del Papa alla Sapienza, la messa celebrata da Benedetto XVI nella Sistina col vecchio rito liturgico rinverdito a testimoniare la curva ad U rispetto al Concilio Vaticano II: il Papa con la schiena rivolta ai fedeli e la messa celebrata in latino. Qual è il senso di questa scelta regressiva se non quello di ribadire che il mistero della trasformazione del vino e del pane in sangue e carne di Gesù Cristo viene amministrato dal celebrante senza che i fedeli possano seguire con gli occhi e in una lingua sconosciuta ai più? Il senso è chiarissimo: l’intermediazione dei sacerdoti non può essere sorpassata da un rapporto diretto tra i fedeli e Dio. Il laicato cattolico è agli ordini della gerarchia e non viceversa. Lo spazio pubblico è fruito dalla gerarchia e – paradosso dei paradossi – dagli atei devoti che hanno come fine dichiarato quello di utilizzare politicamente la Chiesa.”(E.Scalfari, la Repubblica, domenica 20 gennaio 2008)

    Ruini chiama a raccolta i fedeli. Lo fa in nome della “solidarietà” al papa cacciato dalla Sapienza. Lo fa per dimostrare quale sia il livello di gradimento dei cattolici verso “questo” papa. Ruini, per quanto tenda a sminuire, ha lavorato per una manifestazione politica, nel senso compiuto del termine. Ha messo in moto la potente macchina organizzativa delle parrocchie, le file di pulman e treni speciali. Ha coordinato il drappello trasversale di politici, sempre pronti nel dimostrare quanto siano sostenitori del vescovo di Roma. Ha chiesto e ottenuto copertura mediatica e, meraviglie della demoniaca tecnologia, sistemato webcam in San Pietro così che tutti possano guardare questa moderna adunata oceanica. Bagnasco, successore di Ruini alla CEI, afferma che la manifestazione di oggi “non è una dimostrazione di muscoli”, non punta ad appiccare il fuoco nello scontro tra laici e cattolici. O meglio, tra ratzingeriani e suoi critici.

    Dal primo gorno di pontificato, Benedetto XVI ha lavorato pe lo scontro. Costruito sapientemente un armamentario ideologico molto più solido e radicale del proprio predecessore. Ridefinito le priorità e l’agenda politica d’oltre Tevere. Costruito un argine intorno alle innovazioni del Concilio Vaticano II, pur essendone stato strenuo sostenitore in goventù. E ha imposto la sua barricata: o con la Chiesa, o contro di lei. Nessuna mediazione, nessun compromesso. La sua strategia è stata impeccabile e si è inserita nell’ampio clima di revivalismo religioso che investe l’intero pianeta. E non parlo solamente delle masse islamiche, ma soprattutto delle comunità cristiane. Si è tornati alla fede, in un mondo di paure. A risposte semplificate che non contengono falle, semplicemente perchè non ne ammettono. Papa Ratzinger ha impegnato l’intera macchina di propaganda ecclesiastica per rivitalizzare una vecchia, nota contrapposizione nella società Italiana. D’altro canto, la partita dei laici, di chi crede che la fede resti alle anime ma non debba affliggere la vita pubblica, non è stata sempre coerente. Anche alla Sapienza si è sbagliato nel metodo, non nella sostanza. L’errore dei laici è stato soprattutto cadere nella trappola ratzingeriana: affrontare lo scontro in campo aperto, accettare la visione dei due mondi antitetici che combatono per la sopravvivenza. Perchè in tale contesto la chiesa ha gioco facile: come si può battere sul piano delle idee un “sistema di credenze” per sua natura dogmatico? Il risultata sarà sepre e solo conflitto. A oltranza, proprio come ha previsto il papa. E Ratzinger e i suoi “boys” potranno continuare ad alimentare l’immagine di una chiesa sotto assedio, di un patrimonio storico e culturale, oltre che spirituale, in dissoluzione. Una nuova crociata, lanciata dalle rerovie vaticane, che si insinua nelle intercapedini dello “scontro di civiltà”.

    Questo papa è un pericolo per l’intera comunità cattolica, prima che per la società italiana. E i politici che tentano di tarre profitto dallo schierarsi “senza se e senza ma” stanno commettendo un errore grossolano. Questa chiesa, la chiesa di Ratzinger, lavora per lo scontro, per un riacutizzarsi delle fratture sociali che accompagnano il Paese fin dalla sua fondazione. Questa chisa costruisce “antipolitica” e sopravvive di V-day in versione liturgica. Proprio come oggi a San Pietro.

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  4. albertocatapano Says:

    Per favore smettiamola…Santorelli sa bene quelle persone che vogliono da lui e ben presto si faranno sentire…

    Sembra che l’amministrazione si voglia costituire vittima e subito i pennaroli al servizio del Comune corrono in loro aiuto dipingendo una realtà ben diversa dalla verità.

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  5. anonimo Says:

    Uagliù cmq questo GASS si scrive con due S.

    Non sbagliate, GASS e non GAS.

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  6. Fabiola82 Says:

    STRISCIONI A NAPOLI, “ACQUISTI? SI’,TERMOVALORIZZATORI”

    NAPOLI – Il dramma di Napoli e della regione Campania sommersa dalla spazzatura fa il suo ingresso nello stadio San Paolo, dove le due curve dedicano al tema dei rifiuti altrettanti striscioni ironici. Le scritte compaiono nel secondo tempo della partita Napoli-Lazio. Sono in entrambi i casi drappi bianchi su cui sono state stampate, con la vernice, frasi di contestazione.

    Su quello esposto in curva A è riportata la frase: “Il vostro governatore ha infranto la nostra città natale. A Milano Trenitalia la tassa ci ha fatto pagare. Per 21.000 euro come ecoballe ci ha fatto tornare”. In questo caso i tifosi fanno esplicito riferimento al fatto che un gruppo di loro, in occasione della trasferta di domenica scorsa a Milano, sorpreso a bordo di un treno sprovvisto di biglietto, fu fatto scendere dal personale in servizio sul convoglio. In curva B è apparsa, invece, la scritta: “Mercato di gennaio, ma quali giocatori. Per salvarci un immediato acquisto: i termovalorizzatori”.

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  7. hurricane085 Says:

    fabiola le notizie le conosciamo già, potresti smetterla di copiare ed incollare articoli. CI farebbe più piacere ke articolassi un tuo pensiero.

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  8. anonimo Says:

    e tutta invidia contro il vice sindaco Santorelli i suoi 700 voti .la sinistra nelle precedenti elezioni comunali ha totalizzato non più di 700 voti

    Invidia Gassosaro olèèèèèèèè

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