Referendum del 12-13 giugno. Di cosa parliamo e perché votiamo SI.

giugno 6, 2011

Ambiente, Iniziative, News

referendum_badgeLa politica, non di rado, tralascia questioni fondamentali per il destino del Paese. Accade spesso in Italia. E’ accaduto anche con i Referendum del 12 e 13 giugno relativi ai quesiti sull’acqua pubblica, sull’energia nucleare e sul legittimo impedimento. Solo negli ultimi giorni la questione referendaria ha meritato l’attezione dei palinsesti televisivi. Da parte nostra, pare opportuno provare a fare un po’ di chiarezza rispetto ai quesiti su cui i cittadini saranno chiamati ad esprimere il loro parere.

Cos’è un Referendum.
Il referendum è uno strumento di “democrazia diretta” previsto dalla Costituzione italiana. La Carta ne indica di diverse tipologie, ma quella che oggi interessa è di tipo “abrogativo“. I cittadini sono cioè chiamati esprimere la propria volontà di “cancellare” o meno una legge dello Stato (o parte di essa). Il referendum è valido se raggiunge il quorum, ovvero il 50 per cento più uno dei votanti.

I 4 quesiti:

Acqua pubblica
Il primo (scheda rossa) e il secondo (scheda gialla) riguardano i servizi idrici. Andiamo davvero a votare per stabilire se l’acqua italica perderà il suo carattere pubblico e potrà essere mercificata come altri beni? La risposta è no, quello che invece succederà è che la gestione dei servizi idrici avrà una corsia preferenziale per i privati. Ma è invece giusto domandarsi se questo porterà vantaggi per i cittadini, per l’ambiente e, infine, per la risorsa acqua in sé. Oggi l’acqua in Italia costa circa un euro ogni mille litri, una cifra davvero irrisoria, e viene garantita alla stragrande maggioranza della popolazione pulita e abbondante, tanto che, se lasciassimo aperti tutti i rubinetti di casa 24 ore su 24, l’acqua continuerebbe a esserci servita per tutto il tempo. Per questa ragione sembra difficile migliorare il servizio idrico: escluso che si possa fornire acqua colorata o profumata o gassata al rubinetto, per l’utente non ci può essere alcun vantaggio. I fautori del no sostengono che così si riparerà la rete degli acquedotti italiani, ridotta a perdere circa 40 litri ogni 100, ma sembrano ignorare tre fatti: che quell’acqua in gran parte ritorna in falda (e dunque agli acquedotti), che il vero spreco dell’acqua è nell’agricoltura (circa il 60% dell’uso, contro meno del 20% di quello potabile) e che nessun privato si sobbarcherà una spesa che viene valutata cautelativamente attorno a 60-80 miliardi di euro. Sostanzialmente il servizio idrico domestico non può essere migliorato ed è difficile individuare altri motivi a questa privatizzazione forzata che non quelli del mero profitto per le imprese, non del vantaggio per i cittadini: un piccolo guadagno, però costante per decenni, come la rendita di un affitto. La controprova sta nel fatto che, dovunque in Italia, la gestione privata ha sollevato le critiche dei cittadini e ha, di contro, sempre portato un aumento delle tariffe (basta confrontare Agrigento o Lucca, private, con Milano o Roma, pubbliche; mentre Parigi torna al pubblico dopo anni di privatizzazione).*

Chi va a votare per il SI vuole preferisce che i servizi idrici restino al di fuori del mercato e ribadisce il principio dell’acqua come “bene comune pubblico”. Chi vota per il NO, esprime parere favorevole alla riforma varata dal Governo.

Nucleare
Il terzo quesito (scheda grigia) riguarda la possibilità di reintrodurre in Italia centrali per la produzione di energia nucleare, possibilità che gli italiani avevano rifiutato con un Referendum nel 1987. La prima domanda da porsi è: il ritorno all’atomo porterà un vantaggio per i cittadini, per l’ambiente o per il fabbisogno energetico nazionale? L’incidente di Fukushima dimostra che l’energia nucleare non è sicura intrinsecamente: dopo tre mesi le perdite radioattive non sono state ancora fermate e sarà difficile tornare ad abitare in quei luoghi per almeno mezzo secolo. È vero che anche gli altri impianti di produzione di energia sono dannosi per la salute e per l’ambiente, ma quando avviene un incidente in una centrale nucleare sono guai per tutto il pianeta per generazioni (le mutazioni indotte dall’incidente di Chernobil si trasmettono geneticamente, cosa che non accadde nemmeno per le bombe atomiche sganciate sul Giappone). Ma anche il vantaggio per i cittadini sembra dubbio: già oggi l’energia nucleare è la più cara di tutte, come dimostrano i dati del dipartimento dell’Energia degli Usa (Doe, 11,15 cent/kWh contro i 9,61 dell’eolico e gli 8,03 del gas, con previsioni di divaricazione di quelle forbici al 2020: 14,37 contro 11,32 e 8,05 rispettivamente). Inoltre un impianto nucleare Epr 1600 III plus (cosiddetta 3° generazione) costa fra 8 e 10 miliardi di euro (stima Areva, colosso del nucleare francese) e non si considerano qui tutti quei costi che, chissà perché, ci ostiniamo a chiamare «esterni» e che, invece, sono intrinsecamente connessi ai combustibili geologici (anche il nucleare lo è): eventuali incidenti, smantellamento (decommissioning) e inertizzazione delle scorie verranno necessariamente addossati alla collettività (come dimostra il caso giapponese). In queste condizioni la bolletta costerà di più, non di meno, soprattutto in un Paese che dovrebbe impiantare ex novo le centrali. Inoltre l’Italia dovrà importare l’uranio, che prima o poi finirà, esattamente come il petrolio. E anche per l’ambiente non si vedono vantaggi, perché è vero che si riducono le emissioni clima alteranti, ma non esiste ancora al mondo nemmeno un sito per lo stoccaggio definitivo delle scorie. Anche in questo caso il vantaggio è tutto dei gruppi che costruiranno e gestiranno le centrali, che, non a caso, si oppongono fieramente al referendum, perché perdono l’occasione di contrarre un mutuo molto vantaggioso: introiti privatizzati e «perdite» a carico dello Stato.*

Chi va a votare per il SI vuole ripristinare il divieto di produrre energia nucleare in Italia. Chi vota per il NO, esprime parere favorevole alla normativa introdotta di recente dal Governo.

Legittimo impedimento
Il quarto quesito (scheda verde) interroga i cittadini sul cosiddetto “legittimo impedimento”. Il legittimo impedimento è l’istituto che permette all’imputato, in alcuni casi, di giustificare la propria assenza in aula. In teoria, il principio sembrerebbe ispirato da un approccio spirito garantista. Nella pratica, è una delle tante leggi ad personam che questa maggioranza ha approvato per permettere a Silvio Berlusconi di rinviare i processi penali a proprio carico. Il 13 gennaio 2011 la Corte Costituzionale si è espressa per il mantenimento della legge, con una sentenza interpretativa che ne ha però abrogato alcune parti considerate dalla Corte incompatibili con gli art. 3 (principio di uguaglianza dinanzi alla legge) e 138 (riserva di legge costituzionale) della Costituzione. Nel complesso la sentenza (ri)affida al giudice la valutazione, caso per caso, del legittimo impedimento: è il giudice – e non più l’imputato – a decidere se i suoi impegni costituiscono un impedimento a partecipare all’udienza.

Chi va a votare per il SI vuole cancellare totalmente la legge. Chi vota per il NO, preferisce mantenerla in vigore.

Per votare bisogna aver compiuto la maggiore età e presentarsi al seggio con un documento di identità e la tessera elettorale.

Quelle a cui siamo chiamati sono scelte fondamentali per il futuro della Collettività. I cittadini hanno l’opportunità di indicare alla politica la strada da seguire nella gestione di temi fondamentali relativi al modello di sviluppo-Paese (l’acqua come bene pubblico o meno; le energie rinnovabili e l’efficienza energetica al posto del nucleare) e per ribadire lo spirito fondamentale su cui si regge l’intero edificio democratico (la legge uguale per tutti). Per questo bisogna informarsi ed informare; vivere questa battaglia al di là delle contrapposizioni di partito.

Il Collettivo Vocenueva voterà convintamente 4 SI ed è impegnato nella campagna referendaria insieme ad altre associazioni e soggettività sul territorio.

Chiunque avesse bisogno di informazioni o materiale di propaganda, può contattarci via mail (vocenueva@gmail.com), oppure presso la nostra sede in Via Zara 7 – San Giuseppe V.no.

*il corsivo è tratto da: M.Tozzi “Chi ci guadagna dai referendum”, La Stampa, 6 giugno 2011

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2 Responses to “Referendum del 12-13 giugno. Di cosa parliamo e perché votiamo SI.”

  1. AlbK Says:


    Nonostante il non accorpamento delle elezioni amministrative con i referendum, nonostante il tentativo vano del Governo di annullare le consultazioni popolari, nonostante il silenzio assordante di Rai e Mediaset : DOBBIAMO ANDARE A VOTARE !!!

    Non è un voto contro il Governo, ma un voto per il nostro futuro !!!

    Un futuro senza nucleare e con l'acqua pubblica !!!!

    Mi raccomando cercate di andare quanto prima al seggio Domenica 12 Giugno : i nostri 4 SI saranno un valido motivo e un'ottima spinta ad andare a votare per tutti coloro i quali sono ancora indecisi.

    Diffondete il materiale (via email, facebook, linkedin, twitter ma anche materiale cartaceo nelle cassette postali, sotto le porte d'ingresso ecc.ecc.) e per due giorni (Domenica 12 e Lunedì 13) trasformatevi in volontari per la democrazia e il futuro. Il vostro, il nostro e quello delle generazioni a venire. (Amen)

     

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  2. vincycata93 Says:

    E' importantissimo partecipare a questo referendum! Si tratta del nostro futuro, del nostro bene primario e della giustizia!!!!!
    Vota e fai votare 4 SI! 

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