La sentenza…

settembre 29, 2007

News

Il Tribunale assolve un giovane. Nel suo terrazzo trovate 2 piantine di marijuana
Le motivazioni non ancora note. Forse i giudici si sono richiamati a una sentenza della Cassazione

Cagliari, coltivare marjuana in casa non è reato
"se si dimostra che l’uso è personale"

<B>Cagliari, coltivare droga in casa non è reato<br>"se si dimostra che l'uso è personale"</B> 

CAGLIARI – Coltivare un paio di piantine di marijuana nel terrazzo della propria casa non è reato. Ma solo se si dimostra che la piantagione serve a soddisfare le esigenze personali di consumo. Il Tribunale di Cagliari questa mattina ha assolto un giovane denunciato dai carabinieri lo scorso agosto perchè nella sua abitazione erano state trovate due piante di marijuana.

L’imputato, giudicato col rito abbreviato, è stato assolto perché il fatto non sussiste. Le motivazioni si conosceranno fra trenta giorni, ma è probabile che il giudice abbia accolto le argomentazioni del suo difensore, l’avvocato Giovanni Battista Gallus, che ha richiamato una decisione della Cassazione dello scorso maggio e una, di analogo contenuto, del Gup di Cagliari, risalente a giugno.

Il 10 maggio la VI Sezione Penale della Suprema Corte, con la sentenza 17983, aveva annullato la decisione della Corte d’Appello di Roma, confermativa di quella di un tribunale locale, che aveva condannato un giovane per aver coltivato nel proprio fondo cinque piante di marijuana. La Cassazione aveva assolto il ragazzo perché il fatto non sussisteva, individuando una netta differenza tra la coltivazione in senso tecnico e la detenzione per uso personale. La coltivazione presuppone infatti la disponibilità di un terreno, oltre a una serie di attività, che vanno dalla preparazione della terra alla semina, dal controllo delle piante alla creazione di magazzini per la custodia del prodotto. La cosiddetta coltivazione "domestica" di poche piantine non poteva essere compresa all’interno del concetto tecnico-giuridico.

La piantagione casalinga era stata equiparata dalla Suprema Corte alla detenzione per uso personale, ragione per cui la condanna del giovane romano era stata annullata senza rinvio, mettendo fine alla vicenda. Insomma, di volta in volta, sarebbe toccato al giudice valutare se una coltivazione, per le sue caratteristiche e la sua estensione, rientrasse nel concetto di piantagione illecita oppure no. E il tribunale di Cagliari ha sentenziato: la coltivazione di quel ragazzo, due piantine in totale, è lecita, perché la droga è destinata solo a lui.

fonte : http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/cagliari-marijuana/cagliari-marijuana/cagliari-marijuana.html

E finalmente…Questa sentenza oggi a cagliari potrebbe aprire nuovi scenari e nuove frontiere dell’antiproibizionismo…Lo Stato Italiano si deve rendere conto che questa sia l’unica strada possibile per arginare il pesante e importante traffico di droga della malavita e che così facendo allontana da molti guai e "tarantelle" numerosi ragazzi che si riforniscono di marjuana. Il fenomeno dello spinello non si può e non si deve dimenticare o come ha fatto il governo precedente PENALIZZARE ancora di più…Dal canto suo, il governo di centrosinistra ha promesso SOLO nel programma di eliminare la Fini-Giovanardi,e a oggi quella legge infame e repressiva  è ancora presente..

Riusciranno ora i nostri politici a carpire il senso di questa sentenza/apertura verso le cosidette droghe leggere e riaprire un dibattito necessario e doveroso??

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No Responses to “La sentenza…”

  1. albertocatapano Says:

    GENTILMENTE RICEVIAMO E RINGRAZIAMO DALL’UTENTE CHAVAL…

    spero che la discussione(post) venga affrontata in modo serio…

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  2. anonimo Says:

    oleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

    Mo ci possiamo drogare

    Nananananananananananananananananananananana

    Reply

  3. anonimo Says:

    Sta sera scampagna per tutti.

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  4. anonimo Says:

    speriamo solo ke questa sentenza diventi consuetudine nella giurisprudenza…perkè punire l’autoproduzione signifika solo agevolare le grandi piazze di spaccio ke così vedono aumentare sempre di più la loro utenza,costituita da tanta brava gente ke vuole solo consumare marijuana e non finanziare le associazioni criminali e i loro sporki traffici….

    Catuccio

    Ps:i miei più sentiti complimenti a chaval per aver pubblicato la notizia…e senza far polemika mi riallaccio a quello ke ieri(MA OGGI NON PIù????) hanno SCRITTO lui e tyler..:”FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA!!!”…e aggiungo…PIANTIAMOLA!!!

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  5. TylerDurdan Says:

    ma mo mi cancellate pure i commenti?

    che fin e merd…

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  6. locomotivando Says:

    Stupefacente sentenza sugli stupefacenti.

    CERCHIAMO DI FARE QUALCHE CHIARIMENTO. LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI CAGLIARI RICHIAMA UNA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE DEL MAGGIO 2007. E’ INFATTI A QUESTA CHE OCCORRE FARE RIFERIMENTO PER CAPIRE COME POTRANNO INDIRIZZARE LE PROPRIE DECISIONI I GIUDICI DI MERITO. LE INNOVAZIONI DELLA SUPREMA CORTE SONO IMPORTANTI ! GIA’ NEL 94 FU INTRODOTTA UNA DISTINZIONE TRA COLTIVAZIONE DOMESTICA E COLTIVAZIONE IN SENSO TECNICO. LA CORTE, DUNQUE, ASSIMILA LA COLTIVAZIONE DOMESTICA ALL’USO PERSONALE, Lì DOVE, COME DICE LA CORTE COSTITUZIONALE, SIA INIDONEA A PORRE A REPENTAGLIO IL BENE TUTELATO, NN RAPPRESENTANDO QUELLA DOMESTICA Più UN REATO DI PERICOLO, FERMO RESTANDO L’ILLECITO AMMINISTRATIVO. IN OGNI CASO, SARANNO I GIUDICI DI MERITO A VALUTARE IN RELAZIONI A CIRCOSTANZE CONTINGENTI LA CONFIGUARZIONE DEL REATO O MENO NEL CASO SPECIFICO.

    E’ SIGNIFICATIVA LA SENTENZA, IN QUANTO INTRODUCE NUOVE PROSPETTIVE PER I GIUDICI DI MERITO. MA LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI CAGLIARI, COME DI ALTRI TRIBUNALI, DIPENDERANNO DALLA VALUTAZIONE, COME SCRITTO SOPRA, DELLE CIROSTANZE CONTINGENTI E DALL’APPREZZAMENTO DEI SINGOLI CASI. QUINDI UN PASSO IMPORTANTE E’ MOSSO DALLA SUPREMA CORTE CHE INDIVIDUA UN DISRIMEN TRA LE COLTIVAZIONI, MA RIMETTE L’APPREZZAMENTO DEL SINGOLO CASO AL GIUDICE DI MERITO.

    IN OGNI CASO, LA GIURISPRUDENZA SEMBRA ARRIVARE PRIMA DELLA POLITICA E QUINDI DEL LEGISLATORE.

    HO CERCATO DI FARE UN SUNTO DEL COMMENTO A CURA DI Anna Teresa Paciotti, CHE RIPORTO QUI DI SEGUITO

    La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 17983/2007, dopo un, dichiarato breve ma in realtà lungo e intricato excursus sullo sviluppo normativo in merito all’uso delle sostanze stupefacenti, ha rimarcato il confine esistente tra il trattamento penale della detenzione e il trattamento penale della coltivazione di sostanze psicotrope. La Corte muove interpretazione dalla Legge n. 1041/1954 e arriva fino alla Legge n. 49/2006, al fine di verificare se si possa individuare nelle disposizioni normative una nozione unitaria di rilevanza penale di coltivazione di sostanze stupefacenti. In particolare se la coltivazione di sostanze stupefacenti per il consumo personale, sia essa o no dotata di autonomia rispetto alla detenzione.

    Fino all’entrata in vigore della Legge n. 49/2006, erano necessarie due condizioni per la non punibilità, ossia la destinazione per il consumo personale e la non eccedenza del quantitativo rispetto alla dose media giornaliera, situazione, quest’ ultima, ontologicamente incompatibile con la coltivazione, essendo questa equiparata alla fabbricazione. La Legge n. 49/2006 ha ribadito la punibilità per la coltivazione di un numero circoscritto di piante di marijuana per chi non intenda fare commercio della “coltivazione” o del suo risultato, ma coltivi la cannabis per uso personale, continuando ad assegnare alla coltivazione una intrinseca autonomia rispetto alla detenzione.

    L’analisi della Corte prosegue prendendo in considerazione la sentenza n. 3601995 della Corte Costituzionale che ha ribadito che la coltivazione rappresenta un reato di pericolo astratto del bene giuridico penalmente protetto, individuato, non soltanto nella salute altrui, ma anche nella salute propria, precisando, tuttavia, che se la condotta penalmente rilevante dovesse essere assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato viene a mancare la stessa tipicità del fatto insieme all’offensività dello stesso.

    L’ analisi della decisione della Corte Costituzionale, ad avviso dei giudici della Cassazione, fa ritenere non preclusa una diversa soluzione interpretativa destinata a conferire valore precettivo alla destinazione al consumo personale della droga coltivata, secondo un modello interpretativo parallelo a quello affermatosi subito dopo l’esito della consultazione referendaria, che aveva abolito la nozione di dose media giornaliera, estrapolando una normativa in grado di evidenziare un regime sanzionatorio perfettamente compatibile con la coltivazione per il solo consumo personale.

    A questo punto la Corte cita la propria giurisprudenza a partire dalla soppressione de regime del divieto di accumulo in forza dell’abrogazione referendaria. In particolare una decisione risalente al 1994, con cui, secondo un modello peraltro scaturito dall’esame della meditata giurisprudenza di merito che si andava via via formando, si operò una distinzione tra la coltivazione in senso tecnico e la coltivazione domestica, la prima presupponendo un procedimento che ha alla base la disponibilità di un terreno e una serie di attività dei destinatari delle norme sulla coltivazione. Tale decisione ha tracciato un margine tra detenzione e coltivazione in senso tecnico, non potendo ricomprendersi in tale ultima nozione, giuridicamente definita, la c.d. coltivazione domestica, quale quella attivata da un “tossicodipendente che metta a dimora in vasi detenuti nella propria abitazione alcune piantine di sostanze stupefacenti”, ciò per l’impossibilità di qualificare tale coltivazione alla stregua delle disposizioni del d.P.R. n. 309/1990. Insomma, la coltivazione domestica sarebbe una forma “atipica” di coltivazione che mutua il concetto dell’ uso personale dello stupefacente”.

    Una interpretazione, in chiave costituzionale oltre che in termini di ragionevolezza impone, ad avviso della Corte, di estendere la disciplina dell’ uso personale anche alla coltivazione. Giunti alla conclusione dell’esistenza di un discrimine tra coltivazione in senso generico e coltivazione in senso specifico occorre verificare se dai rapporti tra disciplina penale e disciplina, per così dire, amministrativa sia effettivamente ricavabile un concetto tecnico giuridico di coltivazione di sostanze stupefacenti. Infatti, se tale discrimine è davvero riscontrabile proprio in forza della normativa complementare, pervenendo ad integrare le rationes decidendi desumibili questa volta esplicitamente dall’ una e dall’ altra delle pronunce si potrebbe conseguire un risultato dirimente, così da riconoscere all’espressione “comunque detiene” una valenza generale in grado di ricomprendere quella che si è definita “coltivazione in senso generico”. Se si riconosce una nozione unitaria di coltivazione, questa va identificata con la coltivazione in senso tecnico, rimanendo la c.d. coltivazione domestica compresa nella nozione, di genere e di chiusura, della detenzione. Con ciò è ipotizzabile una coltivazione destinata esclusivamente all’uso personale.

    Sempre ad avviso della Corte, la normativa vigente (Legge n. 49/2006) non ha fatto chiarezza e non ci si può fermare al dettato del “pericolo” per la salute altrui e per la propria definito in maniera astratta. Se è vero, infatti, che assume rilievo penale la sola detenzione per uso personale, un tema probatorio (l’uso personale) viene a coincidere con la stessa struttura della norma, nel senso che, una volta accertato l’uso personale, la forza “esimente” di tale uso viene affidata al contesto il cui il fatto viene accertato. Nel caso in cui il coltivato sia stato raccolto, cessa (ma a posteriori) il pericolo del pericolo, fino a consentire l’utilizzazione di strumenti di verifica che abbiano di mira il pericolo effettivo (o concreto), mentre se la coltivazione è ancora in corso, un simile accertamento resta comunque precluso perché del tutto irrilevante ai fini della identificazione della ipotesi di reato e della sua punibilità.

    Diviene, dunque, davvero irragionevole affidare al momento in cui la notitia criminis ha il suo accesso la definizione del fatto utilizzando il modello del reato di pericolo (non importa, questa volta, se concreto o astratto) per definire un vero e proprio reato “di sospetto”, tenendo conto che la stessa descrizione della fattispecie concreta (“coltiva” ma si sottolinea anche “detiene”) pare prestarsi ad un simile equivoco ricostruttivo.

    In conclusione, ad avviso della Corte, il parametro di riferimento per la configurazione dell’illecito penale è costituito dalla consistenza della piantagione al momento della scoperta dell’ illecito, senza fare prognostiche circa la potenziale produttività della piantagione. Ciò perché solo il momento della scoperta è idoneo ad offrire parametri di valutazione certi, laddove la valutazione prospettica, che si risolve in una mera aspettativa, finisce per essere evanescente, in quanto legata necessariamente a circostanze contingenti, future ed incerte, quali la crescita, lo sviluppo e la maturazione delle piante, che sono al di fuori della previsione normativa.

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  7. ollimac Says:

    tyler ha fatt a fin de bott a mur!!

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  8. TylerDurdan Says:

    mait rutt o cazz

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  9. anonimo Says:

    TylerDurdan per averlo rotto lo dovresti pure avere.

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  10. TylerDurdan Says:

    Comunque è tutto molto chiaro.

    Qualcuno ha postato con questo nick chaval e voi come i cazzi subito avete pensato a me.

    Bravo chaval lo scherzo è riuscito.

    Il problema è che questi sono dei cazzi che si ammoccano tutto…

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  11. locomotivando Says:

    è un blog…sporco di tutto !?!

    ahahahahahahahahahahahah

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  12. albertocatapano Says:

    raf scusa se ho cancellato i commenti sotto al post, ma ho reputato necessario che la stessa notizia venisse postata da uno di noi…Al di là di chi sia chaval, è giusto parlare della questione ed è anche ingiusto incolpare tyler…Raf io ti credo!!

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  13. merkio5 Says:

    è ovvio sei un cxxxone!!! al rogooo!!

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