La lezione del referendum.

giugno 14, 2011

Ambiente, News

fotoUn risultato storico. Inaspettato. Un risultato che nessuno avrebbe potuto prevedere. Non in questi termini. Non con queste percentuali di affluenza. Non con questa trasversalità. Alla fine dello spoglio, anche delle sezioni estere, il dato della partecipazione ai referendum del 12 e 13 giugno si attesta a più del 54% (con il dato nazionale che va oltre il 57). Poco più di 27 milioni di italiani che hanno, nella stragrande maggioranza, detto SI all’abrogazione delle norme che imponevano la privatizzazione dell’acqua, il ritorno all’energia nucleare, la tuetela del solo Berlusconi nei processi penali che lo vedono imputato. Una vittoria senza se e senza ma: un tratto distintivo degli anni che verranno. Perché ci sarà un “prima” e un “dopo” questo referendum. Un “prima” ed un “dopo” il 13 giugno 2011. Con il voto gli italiani hanno sancito principi inequivocabili da cui dovrà scaturire l’azione di qualsiasi maggioranza di governo futura. L’acqua come bene comune, bene vitale, bene non mercificabile e per questo non vendibile ai privati. Il nucleare come modalità di produzione di energia superata, pericolosa, costosa e quindi non strategica per il nostro Paese. La legge uguale per tutti, come in qualsiasi democrazia che si rispetti.

A San Giuseppe Vesuviano c’è stata una piccola rivoluzione. Certo, il quorum è rimasto lì, ad un soffio. Ma il 49,05% del corpo elettorale si è recato ai seggi. 10.280 cittadini. Un paese, il nostro, abituato a mobilitarsi principalmente per le amministrative, solitamente poco attento a battaglie “culturali” come quelle che, al fondo, proponevano i referendum. Una battaglia su un modello di società. E le soprese a San Giuseppe sono state molteplici. In primis, l’uniformità del voto, confermata dal quorum raggiunto in parecchie sezioni, sia al centro che nelle periferie. Vanno oltre il 50% le sezioni 1 e 3 (Piazza Risorgimento), 11 e 12 (Ceschelli), 16 (Casilli), 17 e 18 (Mattiuli-Luonghi), 20 (S.M. La Scala), 21,22, 24 (G.Ammendola), 25 e 26 (S.Leonardo). Molte altre sfiorano la fatidica soglia. Certo, percentuali di partecipazione più deboli ci sono state. Ad esempio nei Rossilli, dove si registra la sezione con la minore affluenza (37,5) e, in generale, il plesso scolastico resta fermo a poco più del 42%. Ma, anche qui, i dati sono al di sopra delle aspettative più rosee.

Come è stato possibile tutto ciò? E’ la domanda che ci siamo posti e che poniamo ai lettori del blog. A nostro parere, c’è stato un indubbio trend nazionale che ha portato la gente ai seggi. Vicende internazionali (disastro di Fukushima), ma anche interne (il tentato boicottaggio del quesito sul nucleare da parte del Governo e, in generale, il malcontento oramai diffuso nei confronti della “maggioranza” PDL-Lega e verso Silvio Berlusconi). Eppure, crediamo che l’impegno profuso dai comitati referendari e dalle associazioni che si sono spese sul territorio – e non da oggi – abbia contribuito al risultato raggiunto. Per questo come Collettivo abbiamo sostenuto la causa referendaria, convinti che l’azione dal basso sarebbe stata determinante nel diffondere fra i cittadini la consapevolezza di trovarsi di fronte a scelte fondamentali per la propria vita e per quelle del Paese. Un ritorno alla vita pubblica, alla partecipazione democratica, che è stato avvertito su tutto il territorio nazionale e che non poteva che investire anche San Giuseppe. Un dato che avevamo già colto nei mesi precedenti il voto, nel corso della dura battaglia contro i fanghi inquinati portata avanti dal Coordinamento ambientale, nelle manifestazioni pubbliche che hanno fermato l’apertura del sito di stoccaggio e ribadito la necessità di un’immediata bonifica di Vasca Pianillo.

Non ci illudiamo e siamo consapevoli che questo pur positivo risultato rappresenti nient’altro che un buon inizio. Ma è pur sempre un punto di partenza. Un punto fermo, che nessuno potrà portarci via. Un messaggio che i cittadini mandano agli attori politici di questo paese e che spinge con forza verso un ritorno ai temi del quotidiano. Perché scegliere la tutela dell’acqua pubblica, significa anche pretendere che le istituzioni locali si impegnino affinché i servizi funzionino (acqua, trasporti, rifiuti!). Perché opporsi al nucleare, significa anche difendere un sistema energetico più efficiente ed attento all’ambiente. Perché rifiutare il privilegio del singolo, significa anche rivendicare più diritti e garanzie per tutti di fronte alla legge.

Ecco la lezione che questo referendum può e deve dare a chiunque abbia intenzione di lavorare a tutela dell’interesse collettivo. Una lezione che dovrebbero fare propria soprattutto i partiti locali, fin troppo distratti nel corso della campagna referendaria. Un risultato che svela molto di questo paese, della sua dignità, che ripaga dei tanti sforzi profusi e ci fa essere orgogliosi della nostra terra, come non accadeva da tempo.

Collettivo Vocenueva

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